dal Giornalino 2009
Ci mancava solo che aprissero il casello dell’A1 Campegine/Terre di Canossa…
Tra rievocazioni matildiche, anni matildici, convegni matildici, territori matildici, parchi matildici, pievi matildiche, sentieri matildici, mi sta venendo quasi voglia di passare ai ghibellini. Sembra passato in un baleno il tempo che dai Canossa arriva fino ai giorni nostri e invece sono più di ottocento anni, di oblio. Come al solito, se non ti conquisti un posto nell’olimpo sei destinato ad essere dimenticato.
Cortogno è sempre stato un paesello poco conosciuto, fatto di persone poco conosciute con storie ancora meno conosciute. Ma tra le pieghe della storia qualcosa è saltato fuori. Circa trecento anni dopo la morte di Matilde e dopo che il Comune di Reggio aveva lasciato posto ai rissosi signorotti locali, il territorio reggiano viene “conquistato” dagli Estensi di Ferrara che instaurano per più di cento anni un periodo di relativa pace e floridezza di cui i benefici si vedono ancora oggi.
A quel tempo Cortogno era un villaggio fatto di case di legno e pietra con tetti di paglia, probabilmente solo il basamento delle case e il primo metro di muro era in pietra e il resto delle pareti in legno, terra e paglia. All’interno di un economia di sussistenza regnavano la pastorizia e l’agricoltura, le bestie erano fatte pascolare nei “terreni comuni” come il bosco del Foresto al di la del torrente Tassobbio e nei piccoli terreni coltivati per il proprietario terriero, pochi si potevano permettere un podere.
La situazione cambia lentamente ma costantemente, alcuni cortognesi riescono ad emanciparsi, e cercano subito di crearsi uno status signorile, non avendo i mezzi per costruirsi una dimora regale, fanno erigere case-torre che ancora in parte vediamo oggi.
Le case-torre superstiti del centro di Cortogno, casa Orlandini, casa Domenichini, ed ex Casa Vezzosi. Altre due o tre alla Costa purtroppo capitozzate e quasi irriconoscibili, quelle alla palada e quella delle Costole. Appunto da qui parto per parlarvi di una famiglia che abitava la casa-torre alle fine del 1400 e che dalle tracce archeologiche possiamo dedurre fosse una famiglia benestante, che aveva rapporti con il mondo e la cultura cittadina.
Nella finestrella al centro della casa a torre, compare un architrave finemente decorato, da un scultore che ha decorato altri architravi nella zona, Quello murato nella canonica di Cortogno, quello a Cà Pietro di Marola, quello a Montata di Leguigno, quello a Monchio di Felina e tanti altri.
In quello delle Costole compare un calice, una ruota romanica una figura femminile e un rozzo simbolo che è chiaramente l’anello con diamante, impresa araldica di Ercole I° d’Este che ha regnato tra il 1471 e il 1505.
Questo simbolo usato nelle dimore pubbliche, nelle monete, nei documenti ufficiali,nei vasi e nei piatti da cerimonia.
Ed è proprio di questi piatti che abbiamo trovato testimonianza, ovviamente solo frammenti, nelle vicinanze della casa a torre. Sono frammenti di piatti, ciotole e brocche realizzati con la tecnica della ceramica graffita e sono proprio databili negli anni a cavallo del 1500.
Non sappiamo nient’altro di questa famiglia che dopo aver fatto costruire la casatorre (che al tempo non aveva altre case addossate se non recinti e baracche, e quindi svettava come una vera torre) aveva anche provveduto a lastricare la strada che dalle Costole saliva fino alle strada maestra Canossa – Sarzano.
di Davide Costoli